Tra i numerosi gadget e servizi che Google è riuscito a portare sul mercato, non c’è dubbio che alcuni sono più affascinanti di altri, o addirittura più utili per la vita di tutti i giorni. Ma ti sei mai chiesto come funziona Google? Quali tecnologie si nascondono dietro il colosso dei motori di ricerca? Nello specifico tratteremo degli argomenti di seguito:
- Il machine learning;
- Gli strumenti di Google a sostegno delle disabilità;
- Notizie sui CPU Google.
IL MACHINE LEARNING
Il colosso di Google si occupa da anni della produzione e diffusione di prodotti e servizi che coinvolgono soprattutto i campi della tecnologia domestica. Chi più e chi meno, ma tutti abbiamo almeno una volta nella vita abbiamo inviato una semplice email, caricato un documento sul drive o semplicemente fatto una ricerca sul motore di Google Chrome.
La tecnologia utilizzata da Google negli anni si è fatta sempre più complessa dietro le quinte e più accessibile e facile da utilizzare fuori dalle quinte, quindi di fronte agli utenti. Quello che maggiormente è oggetto di discussione, ed è anche stato brevemente illustrato in un articolo da Google, è il machine learning. Sembra un traguardo futuristico, ma è una tecnologia sempre più manifesta nella vita di tutti i giorni.
Per entrare nel dettaglio del machine learning bisogna prima comprendere alcuni passi importanti che la tecnologia ha fatto negli scorsi decenni: la risposta automatica dei software.
In breve, quest’ultimi hanno imparato a muoversi da soli grazie ai dati raccolti sui propri utenti. Certamente, sono stati motivo di grande scandalo proprio perché la raccolta dei dati senza il consenso specificato nero su bianco dei propri utenti è non solo illecito, ma anche pericoloso per essi stessi.
L’apprendimento automatico quindi impara da sé cosa cercare, per chi, dove e soprattutto lo fa in maniera veloce e chiara, trovando nel 97% esattamente la ricerca che l’utente necessita. Prendiamo come esempio i consigli di film sulle applicazioni di streaming online. Supponiamo che circa un miliardo di persone metta a disposizione un elenco di film di propria preferenza. Questa lista diventa un numero di percentuale di riferimento dove i film classificati più volte verranno suggeriti altrettante volte agli utenti con la seguente dicitura: “Hai cercato La Casa, le persone che hanno visto questo film hanno guardato anche…” e viene suggerito il nome dei film più spesso classificati per la categoria in questione, come horror, romantico ecc.
Questa caratteristica dei motori di ricerca Google è dunque anche una modalità per familiarizzare con l’utente sui contenuti che più gli si addicono. Non solo si attiene alle ricerche più comuni fatte dagli utenti. Grazie alla ricerca tramite schemi riesce a riconoscere cosa vi è in un’immagine grazie alla ricerca internet. Più facilmente se si digita “gatto” su un motore di ricerca, banalmente verranno mostrate diverse immagini di gatti, oppure siti dove poter adottare i felini, ovvero le ricerche più comuni che avvengono sullo stesso argomento. Quello che accade dunque è che il computer cerca schemi di pixel e schemi di colori che possano essere utili per ipotizzare se si tratta di un gatto o di un cane. Tutto questo in base alla ricerca e poi segue un processo fatto dai seguenti passi:
- Formulare un’ipotesi casuale di schemi che potrebbero essere o meno corrispondenti alla ricerca “gatto”.
- Osservare l’esempio più comune della ricerca per “gatto” e dunque individuare un riferimento per lo schema da mostrare all’utente.
- Riportare le immagini che lo schema ha attribuito come più adatte alla ricerca fatta dall’utente.
Questa procedura è stata ripetuta un miliardo di volte finché ad oggi le ricerche fatte dagli utenti non sono state rifornite di numerosissimi esempi di pixel che si adattano in maniera velocissima alla ricerca fatta. In poche parole, se oggi riesci a trovare la foto del gatto che tanto vuoi adottare è perché le tue ricerche personali si sono aggiunte alle ricerche di migliaia di persone prima di te, portandoti davanti il risultato che necessiti.
Un punto su cui l’intero settore si sta concentrando è come apprendere più rapidamente con meno esempi e quindi non aver bisogno di milioni di ricerche per arrivare al risultato voluto. Un approccio che Google sta adottando consiste nell’attribuire ai computer più buon senso, che gli addetti ai lavori definiscono anche più facilmente come regolarizzazione. La regolarizzazione dei computer è un processo che non dovrebbe lasciare al computer la possibilità di avere un grande margine d’errore e quindi perdersi nella ricerca. Ritornando all’esempio di prima, se cercassimo “gatto vestito da sceriffo”, il computer deve comunque riuscire a riportare all’utente l’immagine del gatto prima di tutto, seguito poi dallo schema che gli indicherà le foto dei gatti vestiti come abbiamo chiesto. Ma riducendo il margine di errore si elimina la possibilità che invece della foto richiesta non compaia direttamente la foto di uno sceriffo.
GLI STRUMENTI DI GOOGLE A SOSTEGNO DELLE DISABILITA’
La tecnologia, come abbiamo spiegato in precedenza, si è evoluta a sostegno delle persone. Lo scopo? Poterle agevolare nel mondo del lavoro, nella salute, ma soprattutto nella quotidianità. Anche Google si è messa in gioco presentando notevoli novità nei suoi prodotti, che danno la possibilità alle persone con disabilità di utilizzarle in maniera più accessibile. Queste ultime sono soluzioni pensate per rendere la tecnologia una parte integrante di tutti i processi giornalieri ma anche per rendere internet più semplice da utilizzare.
Di seguito illustreremo le applicazioni sviluppate da Google che hanno le funzionalità citate nel paragrafo precedente:
Lookout
Un’applicazione che si rende utile nelle azioni fatte da persone con disabilità visive per portarle ad avere una maggiore autonomia. Pensiamo a cosa significa fare una semplice passeggiata per una persona non vedente. Vuol dire non riuscire spesso a prendere la giusta direzione o a capire esattamente dove ci si trova. Lookout aiuta le persone dando una descrizione vocale dell’ambiente semplicemente puntando lo smartphone in una qualsiasi direzione. Grazie a questa applicazione si potrà avere una descrizione non solo dell’ambiente circostante ma anche di oggetti, luoghi e indicazioni (pannelli illustrativi, monumenti).
DIVA
Questa applicazione nasce per mano di un lavoratore Google italiano, che si impegna a rendere l’utilizzo dell’assistente Google più accessibile per persone con disabilità motorie e/o cognitive. Difatti l’applicazione permette di accedere all’assistente vocale con il tocco di un bottone, piuttosto che con la classica frase “Hey, Google!”.
ACTION BLOCKS
Ma non si ferma qui. Grazie all’estensione Action Blocks, gli utenti con disabilità cognitive potranno avere a portata di mano le icone più utilizzate, come una foto di un familiare per indicare la chiamata vocale verso quella persona un’animazione che indica il farsi un selfie per indicare che con il tocco di quell’icona si aprirà la fotocamera frontale e sarà possibile fare una foto, e via dicendo.
Le action blocks però sono in grado di fare anche altro. Grazie alle nuove integrazioni Snap Core First di Tobii Dynavox, pensate per le disabilità del linguaggio, sarà possibile utilizzare l’Assistente Google per svolgere attività domestiche. Ad esempio accendere l’illuminazione smart e attivare un dispositivo connesso, come la televisione, le luci di casa, alzare le persiane elettriche ecc.
PROJECT ACTIVATE
Le disabilità motorie possono creare disagi nell’utilizzo delle mani sullo smartphone. Per questo Google ha sviluppato un’applicazione dedicata al controllo dello schermo tramite i movimenti facciali. L’invio di un testo scritto, l’azione di chiamata al cellulare e molte altre potranno essere effettuate tramite lo sguardo in movimento dell’utente. Un movimento preciso per far compiere al dispositivo l’azione. La tecnologia utilizzata per poter sviluppare questo servizio è la stessa che sta alla base dello sblocco del cellulare con il viso. Vengono riconosciuti dei parametri del viso, quando questi parametri mutano volutamente il dispositivo li riconosce e li associa ad un’azione che poi svolge da sé.
CPU GOOGLE
Nel 2021 Google annunciava di “mettersi in proprio”. Tutto ciò significava che avrebbe smesso di utilizzare CPU esterni per i prodotti in uscita dall’anno 2023. Google è dunque intenzionato a produrre i propri CPU che verranno principalmente destinati ai prodotti con sistema operativo Chrome. Questo non toglie che questa lavorazione non si estenda anche agli smartphone e ad altri gadget e device.
Finora a produrre la grandissima parte dei CPU Google sono stati i produttori di Taiwan, Corea del Sud, Usa, Giappone. Questo settore ha avuto un altissimo rialzo della domanda di produzione durante la pandemia Covid-19. L’aumento improvviso della domanda di semiconduttori ha portato purtroppo all’effetto contrario che è stato il crollo produttivo. Di conseguenza molte grandi compagnie, a partire dall’industria automotive all’elettronica di consumo, sono state costrette a interrompere o rimodulare la produzione per potersi adattare e aggiornare alla domanda.
La strada intrapresa da Google non è del tutto nuova ed è stata già battuta a tempo debito da Apple. Quest’ultima utilizza processori autoprodotti già dalla quarta generazione di iPhone e dallo scorso anno li monta anche sui suoi computer Mac fissi e portatili. Seguono la stessa strada della produzione in proprio anche altre grandi aziende tecnologiche come statunitensi Amazon, Facebook, Microsoft, Tesla e le cinesi Baidu e Alibaba.
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