Ah, meno male che esistono le batterie! Immaginate un mondo senza batterie: la maggior parte dei dispositivi portatili dovrebbero essere alimentati tramite la rete elettrica, rendendoli meno convenienti. Sarebbero portatili a metà. E che dire degli smartphone? Sarebbero dissimili o addirittura non esisterebbero. I veicoli di trasporto sarebbero basati ancora sui combustibili fossili. Per non parlare dell’energia rinnovabile, che sfrutta gli accumulatori. In sostanza, ci sarebbe una maggiore dipendenza dalla rete elettrica, ma anche meno convenienza e portabilità per quanto concerne i dispositivi elettronici.
I sistemi di accumulo di energia sono dispositivi che consentono di immagazzinare energia elettrica in modo da poterla utilizzare successivamente quando serve. Inline Style vi spiegherà cos’è una batteria, quale differenza c’è tra pila e accumulatore, e soprattutto, come funzionano i sistemi di accumulo di energia.
E voi avete le pile cariche per capire il loro funzionamento? Bene, partiamo subito.
Luigi Galvani e Alessandro Volta: i due attori principali nell’invenzione della batteria
Possiamo definirla una storia tutta italiana. La storia della batteria inizia nel lontano 1780, una sera del 6 novembre, quando Luigi Galvani, un anatomista italiano, fece un esperimento che lo avrebbe portato alla scoperta della corrente elettrica animale. Mentre stava dissezionando una rana, Galvani toccò accidentalmente con un bisturi un nervo dell’animale e notò che la zampa della rana si contraeva. Galvani ipotizzò che l’energia necessaria per far contrarre la zampa della rana provenisse dall’animale stesso e che ci fosse un collegamento tra elettricità e muscoli. Ma cosa c’entra con la batteria? Ora arriva il bello.
Questa scoperta infatti spinse il suo contemporaneo Alessandro Volta, un fisico italiano, a cercare di replicare l’esperimento in maniera diversa per sviluppare un dispositivo che potesse generare corrente elettrica in modo controllato. Dopo numerosi esperimenti, Volta ideò una pila a disco, che consisteva in una serie di dischi di zinco e rame impilati alternativamente, separati da dischetti di carta bagnati con soluzione salina. Successivamente prese il nome di Pila di Volta.
La pila di Volta generava una corrente elettrica costante e controllabile, aprendo la strada alla creazione di dispositivi elettrici come lampade, motori e telegrafi. La scoperta di Volta ebbe un enorme impatto sulla scienza e sulla tecnologia dell’epoca, aprendo la strada a una rivoluzione industriale e tecnologica senza precedenti. Oggi, la pila di Volta è considerata uno dei dispositivi più importanti e rivoluzionari della storia della scienza e della tecnologia, nonché costituisce il prototipo della batteria elettrica moderna.
Adesso, cerchiamo di dare una definizione precisa di batteria. Attenzione, non è così scontata. Vediamo perché.
Definizione di una batteria
Prima di tutto, è importante specificare i termini utilizzati in questo ambito: comunemente le parole “pila“, “batteria” e “accumulatore” vengono utilizzate come sinonimi, ma in realtà hanno significati differenti. Con il termine “pila” ci si riferisce ad un generatore elettrochimico primario, ovvero un dispositivo non ricaricabile, mentre con il termine “accumulatore” si fa riferimento ad un generatore elettrochimico secondario, ovvero un dispositivo ricaricabile. Entrambi questi tipi di generatori sono costituiti da uno o più elementi collegati in serie, formando ciò che comunemente viene chiamato “batteria”, termine che si adatta sia alle pile che agli accumulatori.
Funzionamento generale della batteria
Una batteria è composta da una o più celle che contengono un elettrolita, sostanza composta da una soluzione di acido solforico diluito in acqua, il quale agisce come un conduttore che facilita il movimento degli ioni elettrici tra la piastra positiva e quella negativa durante la fase di scarica o carica della batteria. In sostanza, permette il flusso di corrente elettrica tra i due poli della batteria: il polo positivo, detto anodo, e il polo negativo, detto catodo. Sono detti anche elettrodi. Quando la batteria è caricata, gli elettroni si accumulano sul catodo, mentre il liquido elettrolitico si carica positivamente sul lato dell’anodo. Quando si collega un dispositivo alla batteria, gli elettroni si spostano dal catodo al circuito elettrico, passando attraverso il circuito del dispositivo e tornando al polo positivo della batteria.
In pratica, l’energia elettrica viene immagazzinata nella batteria sotto forma di energia chimica. Quando si collega un dispositivo alla batteria, l’energia chimica viene convertita in energia elettrica e viene trasferita al dispositivo.
Funzionamento della pila non ricaricabile e dell’accumulatore: messi a confronto
Iniziamo dalla pila non ricaricabile.
(1) La pila è costituita da due diversi elettrodi, uno positivo e uno negativo, immersi in una soluzione elettrolitica. (2) Quando i due elettrodi vengono collegati tra di loro attraverso un circuito esterno, si innesca una reazione chimica all’interno della pila che produce una differenza di potenziale tra i due elettrodi. (3) Questa differenza di potenziale genera una corrente elettrica che fluisce attraverso il circuito esterno e può essere utilizzata per alimentare dispositivi elettronici. (4) Nel frattempo, la reazione chimica all’interno della pila continua a consumare gli elettrodi e l’elettrolita, fino a quando la pila non si esaurisce completamente. (5) Una volta esaurita, la pila deve essere smaltita e sostituita con una nuova.
Invece il funzionamento dell’accumulatore ha alcune divergenze. Prendiamo come esempio una batteria al litio:
(1) La batteria al litio è un dispositivo che immagazzina energia elettrica sotto forma di ioni di litio. Quando la batteria viene caricata, gli ioni di litio si spostano verso l’elettrodo negativo, dove reagiscono per diventare atomi di litio. Questa reazione è favorita dalla presenza di elettroni che si spostano lungo il circuito esterno della batteria. Gli atomi di litio si “inseriscono” nel materiale dell’elettrodo negativo durante la carica. (2) Durante la scarica, gli atomi di litio vengono “rilasciati” dall’elettrodo negativo e diventano nuovamente ioni di litio, che attraverso il separatore* possono spostarsi verso l’elettrodo positivo. (3) Qui, gli ioni di litio si combinano con gli ioni di litio già presenti per formare nuovamente atomi di litio. Questi atomi si integrano nella struttura del materiale dell’elettrodo positivo.
*Il separatore è un componente importante della batteria al litio, poiché impedisce il cortocircuito interno tra gli elettrodi positivi e negativi.
Forse vi è ancora inintelligibile il funzionamento dell’accumulatore. Non c’è problema, magari vi mancano alcune nozioni. Ecco alcuni vocaboli tecnici da comprendere:
- Ione: è una particella carica elettricamente che si forma quando un atomo guadagna o perde uno o più elettroni. Gli ioni possono essere positivi o negativi, a seconda della carica che acquisiscono.
- Elettrodo: è un componente di un sistema elettrochimico che viene utilizzato per condurre l’elettricità da una soluzione elettrolitica ad un circuito esterno. Il catodo e l’anodo sono elettrodi. Gli elettrodi possono essere costituiti da materiali diversi, a seconda dell’applicazione, e sono in grado di catalizzare reazioni chimiche che coinvolgono gli ioni presenti nella soluzione elettrolitica.
Una rilettura del loro funzionamento è consigliata, per cementificare l’apprendimento. Ora che abbiamo capito come funzionano sia la pila che l’accumulatore, illustriamo le tipologie di batterie esistenti e loro applicazioni nella vita quotidiana.
Tipologie di batterie e le loro applicazioni nella vita quotidiana
Possiamo dividerle in due macro-categorie:
- Usa e getta
- Ricaricabili
Partiamo dalla prima categoria.
Batterie Usa e getta
Esistono diverse tipologie di batterie che si possono acquistare già cariche ma che una volta esaurite vanno buttate. Tra queste troviamo le “Heavy Duty“, che sono le batterie più vecchie e non adatte per carichi elevati, ma solo per dispositivi a basso consumo come gli orologi da parete. Inoltre, se conservate inutilizzate dopo qualche anno non funzionano più.
Le batterie alcaline sono le più comuni al giorno d’oggi e sono adatte per molti dispositivi di diverse dimensioni, dalle batterie a bottone per gli orologi alle batterie AA, C e D. Se conservate inutilizzate, possono durare molti anni. Ricordiamo le popolari batterie Duracell.
La Panasonic ha introdotto le batterie Oxyride nel 2005, che hanno un voltaggio iniziale leggermente più alto rispetto alle normali batterie alcaline. Questo le rende adatte per dispositivi ad alto consumo come le fotocamere digitali, ma meno performanti per dispositivi a basso consumo come gli orologi o le radio.
Infine, le batterie al mercurio non sono più disponibili perché sono state sostituite da tecnologie più avanzate. Erano ideali per gli esposimetri al solfuro di cadmio, ma avevano una tensione costante fino alla fine.
Ora passiamo alle batterie ricaricabili, ovvero gli accumulatori.
Batterie ricaricabili
Ci sono varie tipologie di batterie ricaricabili, le più comuni sono le Ni-Cd e le Ni-MH.
Le batterie Nickel-Cadmio hanno una buona capacità di fornitura di corrente, ma hanno il difetto di contenere cadmio, una sostanza velenosa che deve essere smaltita correttamente. Tra l’altro necessitano di una particolare cura nella ricarica, che deve essere effettuata solo dopo averle scaricate completamente.
Le batterie Nickel-Idruri metallici, invece, sono le più popolari oggi. Sono disponibili nei formati più comuni e hanno una capacità doppia rispetto alle batterie Ni-Cd, ma richiedono meno attenzione nella ricarica.
Le batterie al gel sono un’altra varietà di batterie, che si differenzia dalle altre per la presenza di un gel che impedisce lo sversamento dell’acido solforico liquido. Sono utilizzate negli allarmi casalinghi, negli UPS da casa e nei sistemi di backup.
Le batterie al litio sono costose ma offrono il doppio della potenza nello stesso spazio e pesano la metà delle batterie tradizionali. Inoltre, possono durare fino a 10 anni se conservate inutilizzate, quindi possono essere utilizzate come scorta. Sono adatte per dispositivi ad alto consumo ma i tempi di ricarica sono più lenti rispetto ad altre tipologie di batterie.
Le batterie alcaline ricaricabili sono state inventate negli anni ’90 dalla Ray-o-Vac, ma non hanno mai avuto molto successo.
Bisogna comunque evidenziare che le batterie sono oggetti che richiedono una particolare cura nella ricarica, per non danneggiarle. È importante utilizzare un caricatore intelligente, che interrompe la carica quando la batteria è piena per evitare il surriscaldamento. Mi raccomando!
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Conclusione
Siete arrivati alla fine della spiegazione, bravi! Inline Style scommette che siete pure scarichi. Per fortuna noi umani siamo ricaricabili… Se vi è piaciuto questo articolo, condividetelo nei social, ci date una mano a diffondere il sapere tecnologico. In questo modo possiamo anche crescere.
Grazie e alla prossima!
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