Il Viaggio nel Tempo dei Sistemi Operativi: Dall’Antico Unix ai Campioni Multipiattaforma

Torniamo indietro negli anni ’60 quando nei laboratori pieni di enormi armadietti scintillanti – i primi computer – gli ingegneri capirono che avevano bisogno di un sistema che potesse fare da intermediario tra l’hardware e gli utenti. Qui appare la prima bozza di ciò che chiamiamo “sistema operativo”. Immaginate un direttore d’orchestra che dice a ogni strumento quando iniziare a suonare, in che modo, e con quale intensità. Ecco, i primi sistemi operativi erano queste figure maestre, permettendo agli utenti di dialogare con la macchina senza conoscere la lingua segreta dei computer.

Unix fa la sua comparsa all’inizio degli anni ’70, sfornato dai geni all’AT&T Bell Labs. Concepito inizialmente per essere semplice, leggero e flessibile, Unix diventò popolare in ambiente accademico. La sua magia risiedeva nella sua capacità di essere usato su tanti computer diversi, cosa non scontata per i sistemi operativi del tempo. Badate bene, a quei tempi cambiare computer era come passare da suonare il piano a suonare la chitarra, e Unix era un po’ come la musica, uguale su entrambi gli strumenti.

Poi venne il boom dei personal computer negli anni ’80 e con esso un altro grande giocatore: Microsoft Windows. Windows prese una parte dell’eredità di Unix (come l’idea che molte persone possano usare un computer nello stesso momento) e la portò sulle scrivanie di tutti. Grazie alla sua interfaccia grafica, chiunque poteva trascinare cosette sullo schermo e ‘cliccarci’ sopra invece di scrivere comandi incomprensibili.

Nel frattempo, anche la mela più famosa al mondo, Apple, non stava a guardare. L’Apple Macintosh innovò ulteriormente questo concetto con una sua versione di sistema operativo ancora più intuitiva e facile da usare, facendo della “user experience” il suo cavallo di battaglia.

Ma l’evoluzione non si fermò, e arrivarono i sistemi operativi open source, come Linux, diretti discendenti dello spirito di Unix ma con una grande differenza: erano gratuiti e modellabili da chiunque. È un po’ come se a qualcuno fosse concesso di dirigere l’orchestra come crede, o addirittura di scrivere nuove partiture.

Oggi, viviamo nell’era dei sistemi operativi multipiattaforma. Cosa significa? Semplice: il sistema operativo non è più incatenato a una sola macchina. Potete avere Windows su un PC, su un tablet, su uno smartphone; lo stesso vale per il macOS e iOS di Apple, così come per Android che è il sistema operativo del tizio di Google basato su Linux.

Pensate a questi sistemi come a dei poliglotti che parlano la lingua dell’hardware di diversi dispositivi. Ciò che rende questa situazione intrigante è l’assenza delle barriere. Un programma che funziona su un computer può funzionare con poche modifiche anche su un telefono. E questa interoperabilità è esattamente ciò che rende la nostra vita digitale così fluida e senza interruzioni.

In questa rapida carrellata, abbiamo attraversato decenni di progressi che ci hanno portato dalla necessità di comprendere algoritmi complicati per semplici operazioni, all’attuale comodità di parlare al nostro telefono e vedere le parole trasformarsi in azioni. La rivoluzione dei sistemi operativi non ha solo trasformato la tecnologia, ma ha annullato la distanza tra l’uomo e la macchina, rendendo più umano il mondo digitale.

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