Avete mai notato come negli ultimi anni sembri che ogni apparecchio nella nostra casa sia diventato improvvisamente “intelligente”? Dal frigorifero che fa la spesa online, fino agli orologi che monitorano la nostra salute 24 ore su 24, sembra che la tecnologia non si fermi più. Questa trasformazione è dovuta ai progressi dell’elettronica di consumo, che hanno reso i dispositivi non solo più smart, ma anche più connessi tra loro. Ma come è stato possibile tutto ciò?
Partiamo dal concetto di “smart”: un dispositivo smart, o intelligente, è un apparecchio che va oltre la semplice funzione per cui è stato inizialmente progettato, aggiungendo capacità di elaborazione dati e connessione a internet. Ad esempio, un telefonino che una volta serviva solo per chiamare o inviare messaggi, oggi è un vero e proprio computer tascabile che permette di navigare su internet, pagare senza contanti, scattare foto di alta qualità e molto altro.
Il cuore di questa trasformazione è il microprocessore, un piccolo chip che funge da cervello del dispositivo. Negli anni, il microprocessore è diventato sempre più potente e, allo stesso tempo, sempre più piccolo ed efficiente nella gestione dell’energia. Questo ha permesso di inserirlo in dispositivi sempre più compatti, come gli smartwatch, senza sacrificare le prestazioni.
La connessione internet, inoltre, è diventata sempre più veloce e ubiqua grazie al progressivo sviluppo delle reti cellulari e del Wi-Fi. Con la diffusione della banda larga e più recentemente del 5G, la velocità di connessione permette ora ai dispositivi di comunicare tra loro, e con il mondo esterno, quasi in tempo reale.
Oltre ai miglioramenti hardware e software, una spinta significativa verso dispositivi più smart e interconnessi è stata data dall’adozione di standard di comunicazione comuni come Bluetooth, Zigbee o Wi-Fi. Questi protocolli permettono ai dispositivi di “parlare la stessa lingua” e di creare una rete, spesso definita come l’Internet delle Cose (IoT), nella quale ogni oggetto può condividere informazioni e collaborare con gli altri per svolgere compiti più complessi.
Più specificamente, l’IoT si riferisce alla connessione di oggetti fisici (“cose”) a internet attraverso sensori incorporati che raccolgono e scambiano dati. Prendiamo come esempio un termostato intelligente. Tramite sensori, il termostato raccoglie dati sulla temperatura corrente e la presenza di persone nell’ambiente. Collegandosi a internet, può scaricare previsioni meteo per regolare autonomamente il riscaldamento o il raffreddamento della casa, ed essendo connesso agli smartphone degli abitanti, può sapere quando la casa è vuota per passare in una modalità risparmio energetico.
L’interazione tra dispositivi non si limita alla casa. Nel panorama urbano, sistemi di illuminazione pubblica smart possono adattare la loro intensità in base alla presenza effettiva di persone o veicoli, riducendo l’inquinamento luminoso e risparmiando energia. In ambito medico, dispositivi indossabili possono monitorare costantemente parametri vitali del paziente, inviando i dati direttamente al personale medico o ai familiari.
La piattaforma che permette tutto questo scambio di informazioni è il cloud computing. Il cloud, ovvero “la nuvola”, è un insieme di server remoti interconnessi che gestiscono e immagazzinano enormi quantità di dati. Questi server sono accessibili da qualsiasi dispositivo connesso a internet, permettendo un accesso universale ai dati e ai servizi.
In questo contesto, per garantire sicurezza e privacy, la crittografia – la tecnica di codificare i dati per renderli illeggibili a chi non ha l’autorizzazione – diventa fondamentale. Così come l’aggiornamento continuo sia del software che dell’hardware, per proteggersi dalle minacce sempre più sofisticate che vanno di pari passo con l’evoluzione tecnologica.
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